Sin dai tempi antichi, il rapporto di obbligazione tra un debitore e il suo creditore ha generato e genera potere in favore di quest’ultimo. Tale potere assume diversi significati a seconda delle garanzie e dei possedimenti del debitore e delle varie epoche storiche in cui si inserisce.
Tra le religioni monoteiste per molti secoli l’unica a regolamentare e permettere il pagamento di un interesse sul denaro preso a prestito è stata la religione ebraica. Questa è con tutta probabilità la ragione storica per cui il popolo ebraico si è distinto per eccellenza nell’ambito finanziario, e per la quale è stato così a lungo perseguitato.
Oggi questa pratica è ampiamente permessa, probabilmente abusata. Il ricorso al credito sta alla base della nostra economia e ne determina direttamente e in modo proporzionale la crescita. Se per “capitalismo” intendiamo un sistema economico basato sul capitale come moneta di scambio e base di calcolo per la ricchezza di una nazione, oggi siamo in pieno “creditismo”.
Il possedimento del debito di una nazione può determinarne le politiche economiche in modo decisamente più efficace rispetto al potere politico e amministrativo. Basti pensare a quanto sta succedendo in Grecia o al fatto che il famigerato “spread” tra i bond nazionali venga interpretato come parametro di benessere.
In quest’epoca dunque investire in non performing loans e valorizzarli assume un’importanza che va oltre i normali parametri di profittabilità. Possedere un credito oggi, al netto dei tempi giudiziali di recupero, conferisce un potere al creditore in termini di valore negoziale che non ha mai avuto in passato. Ciò anche grazie alla cartolarizzazione, che rende il credito NPL più liquido e commerciabile.
Occorre comunque tenere presente che il credito è un bene in eccesso di offerta; pertanto è fondamentale acquistare a un prezzo prudenziale e valorizzare tempestivamente sia il credito che le sue garanzie.
Emanuele Grassi