Nel 1789, durante la rivoluzione francese, il governo reggente a Parigi escogitò un modo rapido per trasformare in liquidità i beni immobili confiscati alla Chiesa: emettere dei titoli di credito statali fruttiferi garantiti da questi beni (oggi li chiameremmo covered bonds), l’ammortamento dei quali era legato a doppio filo alla vendita di questi beni.
Molti anni prima, a cavallo del 1300 d.C., l’economia mediterranea fu colpita da una grave crisi: la domanda e i prezzi delle merci crollavano; la moneta circolante era scarsa e quindi molto cara, perché non si usavano titoli di credito ed era di fatto costituita dalla quantità di denaro non impiegata dai mercanti nell’acquisto delle merci (oggi potremmo chiamarla deflazione).
Alcuni commercianti si organizzarono tra di loro e risolsero il problema unendo le loro riserve di moneta e iniziando a utilizzarla con parsimonia, sostituendola con lettere di credito e lettere di cambio (oggi tutto ciò corrisponderebbe a una BCC che emette obbligazioni …)
La cartolarizzazione è la risposta dei nostri tempi a un bisogno antico: monetizzare i crediti e gli attivi patrimoniali.
Come tutti gli strumenti può essere impiegata con differenti risultati, positivi o negativi, in funzione dell’utilizzatore.
Un cattivo impiego della cartolarizzazione ha generato un meccanismo a spirale attraverso il quale si è persa l’attenzione al presupposto principale dell’erogazione di un credito, ossia la sua restituzione in tempi certi e con gli interessi.
È andato tutto bene fintanto che la crescita economica ha sostenuto la capacità di indebitamento; poi, nel 2008, sappiamo tutti cosa è successo.
Attraverso la nostra struttura e la nostra società veicolo di cartolarizzazione rispondiamo a un’esigenza vecchia di almeno 600 anni con i presupposti originari.
- Prezzo corretto e immediatamente pagato al creditore originario
- Valorizzazione degli asset mobiliari e immobiliari a garanzia del credito
- Creazione di valore aggiunto nel medio termine per chi finanzia l’operazione
Emanuele Grassi